sábado, 28 de diciembre de 2013

Los métodos estalinistas de la "nueva iglesia"

Mucho se ha escrito ùltimamente sobre el calvario que estàn atravesando los Franciscanos de la Inmaculada. Yo, personalmente, estoy siguiendo de cerca con viva preocupaciòn el desarrollo de esta triste historia de persecuciòn inaudita, de sufrimientos extremos, inimaginables en una instituciòn como nuestra Iglesia Catòlica, en nuestro siglo XXI, con métodos que harìan empalidecer los utilizados en la época de la Inquisiciòn. Claro, no se han llegado a emplear las torturas fìsicas, pero las torturas morales, espirituales, ésas sì parecen adquirir las caracterìsticas tìpicas de los regìmenes dictatoriales muy efectivas por cierto!

Leyendo la carta de este fraile anònimo, podemos dudar de que estamos en presencia de un poder siniestro que lo ùnico que le interesa es la destrucciòn de una òrden religiosa floreciente en vocaciones, fiel a la Iglesia de siempre?

Para la "nueva iglesia" o "nuevo orden" o como quiera que se llame esta cruz que Dios nos està haciendo cargar con tanto dolor, estos hermanos nuestros son un obstàculo, un impedimento que hay que eliminar para que la "nueva primavera" siga su curso.

Eso sì: que éstos émulos de Stalin no se olviden de silenciar también a los que queremos seguir siendo fieles a la doctrina que la Iglesia ha siempre enseñado! Una vez eliminados los FFI, nos llegarà el turno a nosotros. Estemos preparados y que Dios tenga misericordia de nosotros y nos asista en el momento en que tengamos que dar testimonio de nuestra Fe!

Que la Virgen nos proteja!

Miserere

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sabato 28 dicembre 2013


Lettera di un Frate Francescano dell’Immacolata sotto Commissariamento Apostolico

Su segnalazione di un lettore riprendo lo scritto che segue: è l'esperienza di un Francescano dell'Immacolata sotto la sferza del commissariamento, pubblicata da Libertà e persona. Continuiamo così a seguire la dolorosa e sconcertante vicenda ancora lontana da una soluzione. Si tratta dell'esposizione dei provvedimenti e delle ricadute vissute sulla pelle e nello spirito del diretto testimone. Dalla cruda realtà dei fatti, privi di motivazioni chiare ed esplicite secondo ragione e Magistero, emerge tutta la drammatica e inesorabile liquidità dell'attuale temperie ecclesiale nella quale si sta manifestando un inusitato arbitrio.
Fatti eloquenti di per sé oggettivamente, al di là di qualunque considerazione di parte.  

Frater Vigilius

Da quando P. Fidenzio Volpi, Cappuccino, Commissario Apostolico, è subentrato alla guida del nostro Istituto dei Francescani dell’Immacolata, insieme a nuovi collaboratori, la nostra vita è molto cambiata. Direi che è stata totalmente stravolta rispetto al carisma originario conferitogli dai fondatori, P. Stefano M. Manelli e P. Gabriele M. Pellettieri ed approvato a suo tempo dalla Santa Sede (1/1/1998). La nostra vita si nutriva di spiritualità francescana, di studio delle fonti, di incontri di preghiera e convegni su testi biblici, liturgici, patristici. Attingeva alla ricchissima liturgia Cattolica, sia del Novus che del Vetuso Ordo, con i canti gregoriani del Liber usualis, del Graduale Triplex, con i canti polifonici della tradizione cristiana, ma anche con tanti canti popolari antichi e nuovi in lingua moderna per cui era stato compilato ad uso dei Conventi un apposito libretto. Ogni anno era progettato un simposio internazionale su un tema specifico di teologia cattolica: tutti potevano partecipare, non era chiuso a nessuno. Erano organizzate inoltre con cadenza annuale per i religiosi sia fratelli che sacerdoti giornate di spiritualità, giornate di studio, conferenze sul carisma dell’Istituto, ma anche su temi vari di spiritualità francescana e mariana, aggiornamenti sulla morale e sulla teologia del B. Giovanni Duns Scoto e di altri grandi teologi … Oggi non c’è più nulla di tutto questo! Non solo è venuto a mancare improvvisamente questo substrato spirituale e teologico, che è l’anima della vita interiore per ogni religioso, il suo nutrimento quotidiano per la meditazione e la preghiera, ma a questo non è stato sostituito assolutamente nulla! Solo un silenzio di tomba sull’essenza della vita religiosa e cristiana spira dalle nuove sedi e dai nuovi capi del nostro Istituto.

Il Commissario Apostolico – sempre con il suo fidato e vendicativo Segretario, P. Alfonso Bruno – non ha mai parlato in maniera diffusa e sistematica ai Frati; si è incontrato solo con alcuni ed in alcune case. Mai ci ha fatto una conferenza spirituale, mai ci ha spiegato un brano del Vangelo, degli scritti Francescani o anche solo del Catechismo della Chiesa Cattolica; mai ci ha parlato dell’Immacolata Concezione, caposaldo della spiritualità cristiana. In compenso ha emanato in abbondanza decreti, oltremodo minacciosi e oltraggiosi per noi tutti, rimproverandoci senza fornire alcuna prova o giustificazione di essere insubordinati, di essere contro il Papa, di essere contro il Concilio Vaticano II, di essere “lefebvriani”. Il rimprovero è pervicace ed ossessivo, martellante come le accuse false dei processi-farsa dei detenuti della Lubjanka nella Mosca stalinista. Si sostanzia di molteplici provvedimenti punitivi che si succedono a raffica dal giorno alla notte, senza alcuna spiegazione e senza alcuna finalità educativa o correttiva. Abbiamo l’impressione di essere solo puniti o di subire vendette senza motivo. La parola d’ordine è: obbedire senza pensare.

Se il capo vuole distruggere, deve distruggere. Lo vuole il Commissario. Quindi lo vuole la Chiesa ed il Papa.

I provvedimenti più importanti del Commissario infatti sono:
  1. L’obbligo di non celebrare più la Messa nel Vetus Ordo, promulgata dal B. Giovanni XXIII nel 1962. Perché? Nessuna spiegazione. E’ stato detto in un primo tempo ai nostri sacerdoti di fare domanda formale per iscritto al Commissario per celebrarla. Molti di loro (la stragrande maggioranza) hanno confidato in questa possibilità ed hanno scritto al Commissario. Nessuno di loro (tranne qualche risibile eccezione) ha avuto una risposta. E’ forse una messa cattiva quella del Vetus Ordo? Arguisco dalle minacce del Commissario che forse questa è una Messa “contro il Papa”, è “Lefebvriana”, e quindi non si può dire. Ma allora anche il B. Giovanni XXIII che l’ha promulgata, ed anche il Papa Benedetto XVI che ha ristabilito la disciplina di questa Messa, dando la possibilità a tutti i sacerdoti di celebrarla, sono “Lefebvriani”, sono “contro il Papa”; cioè sono contro se stessi?
  2. La proibizione di celebrare la liturgia delle ore nel rito latino ed anche di usare i rituali in latino, come permesso invece dal Papa Benedetto XVI. Qui allora non si tratta più della Messa, ma della lingua latina. La lingua latina, nell’intendimento del Commissario Apostolico, sembra essere anche essa in toto una lingua “cattiva”, “Lefebvriana”, “contro il Papa”, “contro il Concilio”. Non si devono usare testi latini, né studiarli? Ma la lingua della Chiesa è stata ed è tuttora il latino, come afferma lo stesso Concilio Vaticano II (Cf. Sacrosanctum Concilium n. 36). Come si può proibire lo studio e la pratica di questa lingua? Cosa c’è di “contro il Papa” in questo? Nella nostra biblioteca conventuale noto che c’è un testo del Concilio Vaticano II, in edizione bilingue. La lingua originale del Concilio Vaticano II, che è la prima nel testo, è il latino e non la lingua moderna. Dunque il Concilio Vaticano II sarebbe stato scritto, nella sua edizione originaria, in una lingua che è “contro il Concilio”?
  3. La proibizione di accostarsi al nostro fondatore, P. Stefano M. Manelli. Non possiamo scrivergli, né chiamarlo al telefono, né parlargli, né tantomeno andarlo a trovare. La proibizione su questo punto è assoluta e radicale. Sembra che tutto insieme sia diventato un pericoloso delinquente da tenere strettamente recluso. Cos’ha fatto di male? Perché nessuno può parlargli? Silenzio assoluto del Commissario Apostolico e delle altre autorità dell’Istituto. Eppure è lui che ci ha insegnato la vita spirituale e ci ha dato il buon esempio derivante dai grandi santi dell’Ordine: San Massimiliano, San Pio da Pietrelcina, San Francesco, Santa Chiara e tanti altri di cui ha scritto meravigliose biografie; è lui che ha scritto la “traccia mariana”, sotto la guida di San Pio da Pietrelcina, e gli altri testi fondanti la nostra spiritualità come Il voto mariano. Dobbiamo dimenticarci tutti i lunghi anni di formazione e di intensa vita spirituale vissuta fino ad oggi e tutti i suoi studi che abbiamo letto per anni per decreto del Commissario Apostolico e di qualche altra “autorità” a lui devota?! Viene da pensare che i nostri “nuovi responsabili” dell’Istituto non conoscano affatto la spiritualità e il carisma dell’Istituto.
  4. La proibizione di scrivere sui nostri settimanali, sulle nostre riviste, la proibizione di collaborare con la nostra casa editrice, la “Casa Mariana editrice”, la proibizione pure di diffondere i testi della “Casa Mariana editrice”. Questi provvedimenti draconiani somigliano a quelli dei regimi nazisti e paleocomunisti nei quali era vietata tutta la stampa che non era controllata dal regime: gli unici organi d’informazione erano quelli dello stato e del partito unico. Alla faccia della “libertà dei figli di Dio” tanto decantata e glorificata dal Commissario Apostolico! Qui da noi vengono violati dei diritti umani fondamentali, sanciti anche dalla Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo (1948), che recita così al suo articolo 19: «Ogni individuo ha il diritto alla libertà di opinione e di espressione, incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere», per non rifarci al Vangelo. Ci è negata dunque la libertà di pensiero e di espressione! Pure il pensare e lo scrivere o ricevere e diffondere libri sono attività “Lefebvriane”, “contro il Papa”, “contro il Concilio”? Mi risulta che la nostra casa editrice stampava testi di Sant’Alfonso Maria de Liguori, Dottore della Chiesa, di San Luigi M. Grignion de Montfort, di San Pio da Pietrelcina. Certamente anche questi sono autori “Lefebvriani”, “contro il Papa” e “contro il Concilio”, secondo il Commissario, e perciò bisogna vietarne la diffusione. Il nostro commissario Apostolico sembra aver ripristinato l’Indice dei libri proibiti, già solennemente abolito con decreto pontificio dal Papa Paolo VI (1966). Ciò dimostra che l’autorità canonica del nostro Commissario è superiore a quella del Sommo Pontefice!
  5. La proibizione di avere dei gruppi di laici che pur si sono formati negli anni intorno ai nostri conventi. Per quale motivo? Nessuna spiegazione. I nostri gruppi di laici sono sciolti e non possono portare più alcun abito religioso anche se hanno fatto la professione secolare nel Terz’Ordine Francescano dell’Immacolata. So di un gruppo di anziane signore abituate a dire il Rosario prima della Messa in un nostro Convento. Avevano chiesto di fare la professione secolare e così indossare l’abito religioso dei Terziari Francescani per morire con quell’abito, tanto caro anche al B. Pio IX e al B. Giovanni XXIII. Il Commissario Apostolico ha imposto di togliere l’abito religioso a tutti i Terziari Francescani dell’Immacolata. I Frati sono andati da quelle signore a dir loro che non potevano più portare quell’abito. “Perché?” – hanno chiesto. “Il Commissario Apostolico ha detto che siete contro il Papa” – hanno risposto i Frati. “E perché siamo contro il Papa?!”. A questa domanda i Frati non hanno saputo rispondere.
  6. La proibizione di avere un proprio Seminario di studi teologici. Perché? Nessuna spiegazione dal Commissario Apostolico. E’ abolito e basta. Eppure tutti i professori che vi insegnavano si sono laureati e licenziati nelle attuali Università Pontificie: la Pontificia Università “Antonianum”, la Pontificia Università “Lateranense”, l’Istituto Patristico “Augustinianum”, la Pontificia Università di “Santa Croce” dell’Opus Dei, la Pontificia Facoltà Teologica “Marianum”, ed altre assolutamente approvate dalla Santa Sede. Ma forse anche queste Università Pontificie nell’intendimento del nostro Commissario Apostolico sono sospette di attività “Lefebvriane”, “contro il Papa”, “contro il Concilio”. Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio. Mi chiedo se anche il nostro Commissario Apostolico abbia studiato a suo tempo pure lui in una di queste università che ora sospetta di cripto-lefebvrianesimo.
  7. Anche la gestione dell’economia è argomento di severo e costante rimprovero per noi da parte del Commissario. Noi non sappiamo gestire i beni – ha sempre detto. Dunque abbiamo bisogno di lui per farlo. In effetti circola la voce che per i suoi augusti servigi all’Istituto il Commissario ed i suoi invisibili collaboratori percepiscano a spese delle casse dei Francescani dell’Immacolata qualcosa come 5.300 euro al mese. Non c’è che dire: il Commissario ha dato subito prova di saperci fare con i soldi! Soprattutto con quelli di un Istituto di Mendicanti Francescani che non ha alcuna attività lucrativa per mantenersi. Leggo però nel testo della Liturgia delle ore del Servo di Dio il Papa Paolo VI, alla festa di S. Francesco di Sales, 24 gennaio, un brano tratto dall’ Introduzione alla Vita devota (I, 1) dello stesso, in cui è detto: «Dimmi Filotea, sarebbe conveniente se il Vescovo volesse vivere in una solitudine simile a quella dei Certosini? E se le donne sposate non volessero possedere nulla come i Cappuccini?» (Liturgia delle ore secondo il Rito romano-serafico – III, Assisi 1975, p. 1254). Mi chiedo se P. Fidenzio Volpi, Cappuccino, conosca questo aspetto della povertà cappuccina messo in così bella evidenza dalla Liturgia delle ore del Papa Paolo VI.
  8. Ho saputo della prossima chiusura di alcuni nostri conventi da parte del Commissario. Guarda caso erano gli unici Conventi dove c’era il permesso di celebrare la Messa nella forma promulgata dal B. Giovanni XXIII del 1962. I Vescovi in quei luoghi erano consenzienti. Anche quei Vescovi sicuramente sono pericolosi per noi e per la Chiesa, nonché per il Papa perché forse cripto-lefebvriani, amanti di una Messa e di una lingua che non deve più esistere.
  9. Non possiamo liberamente telefonare o usare il cellulare od il computer. Ci è stato detto che i nostri telefoni ed i nostri computers sono tutti controllati grazie ad un sofisticato sistema di spionaggio elettronico e tutto quello che diciamo e scriviamo sarà riferito al Commissario Apostolico. Così dobbiamo stare attenti a scrivere ed a parlare. I cellulari ed i computers che usiamo, siccome siamo Francescani dell’Immacolata commissariati, non godono della normativa sulla privacy.
Proprio per quest’ultima disposizione interna si è creato veramente un clima di sospetto e di terrore tra noi. Non sappiamo più chi abbiamo vicino. Stiamo molto attenti anche a parlare. Guai a scherzare, soprattutto sul Commissario Apostolico. Qualche micro registratore potrebbe essere nascosto nelle tasche del saio di qualche frate-spia che potrebbe riferire tutto al Commissario o ai suoi devoti servitori. Qualcosa di simile mi sembra di aver letto nelle memorie dei dissidenti sovietici ai tempi della NKVD o del KGB e ai tempi della Gestapo nella Germania nazista. Il tuo vicino può non essere un tuo amico. Anche se è una persona che conosci da anni: può essere invece il tuo traditore. Potresti pagare caro un tuo innocente intervento di commento sull’operato del Commissario e suoi stretti collaboratori: sono ormai una casta sacrale ed intoccabile. So di frati che sono stati trasferiti in conventi di altri continenti per semplici considerazioni fatte amichevolmente con i Confratelli sul Commissario Apostolico e la nuova gestione dell’Istituto. Questo sarebbe il carisma che il nostro amato Commissario deve “raddrizzare”, come dice lui, nelle sue lettere. Forse deve riportarci al tempo del “Padre dei Popoli”, come si faceva chiamare amabilmente il compagno Stalin, o del Führer, Adolf Hitler, al tempo dei suoi campi di concentramento e delle leggi razziali.
In effetti, pensandoci bene, è proprio sotto il Führer che è diventato santo l’ispiratore del nostro carisma Francescano-Mariano: San Massimiliano M. Kolbe….

viernes, 15 de noviembre de 2013

Por qué mucha gente no va a Misa

El sitio amigo "Messainlatino" publica hoy una carta abierta a un obispo, escrita por un fiel que explica por qué no va a Misa. La razón que da debería ser motivo de reflexión para aquellos pastores que se preguntan  sobre las causas de abandono de la práctica religiosa y, por ende, de la falta de asistencia a la Misa dominical. Esta persona se queja de que en las Misas non hay sentido de lo sagrado, de la falta de silencio y de recogimiento, de los cantos con guitarra generalmente desafinados, de las prédicas que no hablan de la doctrina católica sino de cosas mundanas!
Por qué buscar explicaciones para estas fugas mirando para otro lado? Echándole la culpa a la secularización y afines?

Es muy triste tener que leer esta carta porque refleja una realidad que no se quiere ver! En parte me siento identificada con los sentimientos de este hombre porque yo misma, prácticamente desde mi conversión hasta hace cuatro años atrás cuando finalmente encontré la posibilidad de asistir a la Misa Tradicional de manera permanente, sin dejar de ir a Misa, tuve múltiples dificultades para encontrar una Misa digna de tal nombre, debiendo peregrinar por todos los lugares del mundo donde me ha tocado estar, con los sufrimientos que esta "praxis" me dejaba en el alma... Y no hablemos de lo que malos pastores han hecho para impedir pastorales verdaderamente católicas, persiguiendo y echando congregaciones y parrócos fieles que tuvieran un poco de... "olor a Tradición"! De esta barbarie he sido testigo y ha marcado mi vida espiritual. Evidentemente hay "pastores" a los cuales no les importa para nada la salvación de las almas... Es un hecho!

Se pide en esta carta que los sacerdotes se dediquen a ser sacerdotes! Ni más ni menos! A veces me pregunto qué lleva a un joven, a un hombre, seguir una vocación al sacerdocio? Se entiende bien qué significa serlo?

Que el Señor nos dé sacerdotes santos que celebren la Misa santamente para que no haya más fieles que se escandalicen y huyan porque no encuentran la espiritualidad que todo católico tiene derecho a cultivar.

Miserere


"Caro Vescovo, non vado più a Messa per colpa dei preti e delle celebrazioni sciatte e senza Dio"

 

Riportiamo una struggente e maliconica lettera scritta da un cattolico "credente ma non osservante" al proprio arcivescovo, S. E. Mons. D. Caliandro (foto) e pubblicata sul quotidiano on line SenzaColonnenews nella rubrica "la lettera del  sabato". 
Quanta tristezza e quanto dolore che trasuda questa lettera...
Incosapevolmente il signore descrive lo stato pietoso e degradato della Chiesa, della non-preparazione dei preti e della liturgia attuali, lo stesso che ormai da anni, nei nostri ambienti, lamentiamo e per cui lanciamo un grido di allarme.
Pubblichiamo la lettera per due motivi. 
1: per dimostrare, ai preti "modernisti" ai curiali e ai prelati che ci leggono, perchè sappiamo che ci leggono, magari anche indirettamente, che non sono solo i "praticanti" bigotti e nostalgici a ritenere squallido, vuoto, osceno, ridicolo l'ormai diffuso e uniformato modo di celebrare la S. Messa (moderna). Certo: non si deve abbandonare la frequenza alla Messa domenicale solo per la sciatteria del rito. Ovvio. Ma per lo stesso motivo per cui ci si inventa mille idee di pastorale e di nuova evangelizzazione... si dovrebbe pensare che una Messa celebrata santamente "come la prima e come l'ultima" è la migliore testimonianza pastorale ed evangelizzatrice.
2. il rimedio richiesto da più parti è il ritorno ad una liturgia più seria, più divina, ai silenzi, ai gesti più ieratici anche e soprattutto durante la Messa "nuova". In questo caso non si parla di vecchio o nuovo rito, ma di Messa santa o di Messa sciatta(dal punto di vista della forma - celebrazione liturgica-, ovviamente, e non da quello sostanziale!). Come ha chiesto Benedetto XVI con la promulgazione del Summorum Pontificum ("reciproco arricchimento" delle due forme), e come ci battiamo di fare noi da sempre (si veda il nostro "motto").
All'epoca eravamo considerati delle Cassandre... ma come Cassandra, ahinoi, col tempo i fatti ci hanno dato ragione. E ora anche i "non praticanti" (diventati sempre meno praticanti proprio per colpa della Messa nuova celebrata senza più ieraticità) ci danno ragione. 
Purtroppo. 
Roberto
ps. La lettera ricorda la bellissima lettera aperta che il servo di Dio Enrico Medi indirizzò ai preti nel 1981 (si può trovare qui), e che in un brano così recita: "... Sacerdoti, noi vi vogliamo ai piedi dell'Altare. A costruire opere, fabbriche, giornali, lavoro, a correre qua e là in Lambretta o in Millecento, siamo capaci noi. Ma a rendere Cristo presente ed a rimettere i peccati, siete capaci SOLO VOI! Siate accanto all'Altare. Andate a tenere compagnia al SIGNORE. La vostra giornata sia: preghiera e Tabernacolo, Tabernacolo e preghiera. Di questo abbiamo bisogno. Nostro Signore è solo, è abbandonato. Le chiese si riempiono [si fa per dire] soltanto per la Messa.... Sacerdoti, parlateci di DIO! Come ne parlavano Gesù, Paolo Apostolo, Benedetto da Norcia, Francesco Saverio, Santa Teresina. IL MONDO HA BISOGNO DI DIO! DIO, DIO, DIO Vogliamo. E non se ne parla. Si ha paura a parlare di DIO. Si parla di problemi sociali, del pane. Ve lo dice uno scienziato. " Ma merita di leggerla tutta.
 ***
 Caro Monsignore, ecco perchè non vengo più in chiesa.
da Senza Colonne news.  (Brindisi)
Eccellenza, 

sono uno dei tanti che si definiscono cristiani ma in realtà non lo sono o non lo sono più. Non vado più in Chiesa; sono un disertore. Ho tradito la mia fede, la fede, come si dice, dei miei padri anche se, in verità, era più quella di mia madre. Nelle statistiche sono presente alla voce “osservanti” perchè i miei figli sono stati battezzati, hanno preso la Prima Comunione e la Cresima, perchè mi sono sposato con rito religioso e perchè, quando morirò, se le circostanze lo permetteranno, prenderò l’Estrema Unzione e avrò un funerale che si svolgerà secondo il rito cattolico.

Ciononostante osservante non lo sono affatto. Vivo in una società relativamente buona e giusta rispetto ad altre aree del mondo e so che questi vantaggi mi sono dati da secoli in cui la Chiesa, fra mille errori ed orrori, ha plasmato un mondo che è, sino ad ora, il migliore dei mondi possibili ma del quale non sono contento per niente. Troppe ingiustizie, troppe solitudini, troppo dolore. Nonostante tutto trovo, qui e là, sprazzi di commovente solidarietà, pratico, per quanto posso, il perdono anche come forma di auto legittimazione, credo nella democrazia come rispetto per il prossimo, nella parità fra uomo e donna, e nella sacralità della vita; conosco parole come accoglienza, tolleranza, sacrificio, condivisione e tante altre che rendono migliore questo mondo anche se, poi, più che viverle in modo esemplare le declino a seconda delle circostanze e, spesso, ahimè, delle convenienze. Comunque mi sforzo per essere migliore.
Beneficio del più grande patrimonio dell’umanità che è la pittura, la scultura, la letteratura e la musica sacra e vivo in un paese in cui di tutto ciò dovremmo essere i gelosi custodi. Faccio ciò che posso ma prendo tutto per scontato. Insomma beneficio dei valori rivenienti dall’elaborazione della cultura cristiana; prendo il meglio della tradizione senza dare niente in cambio. Sono culturalmente un cattolico credente ma non praticante e cioè uno dei tantissimi che in Chiesa non ci va, anzi, che in Chiesa non ci va più. Di conseguenza non sono pronto a difendere la mia religione, i miei valori, le mie scelte di vita e quindi non sono pronto a tramandarle, a farne esempio ed educazione. Non è un quadro edificante, lo so, ma ho le mie ragioni che, in sintesi, mi sento di esternare così : la Santa Messa non mi piace, anzi, anch’essa, non mi piace più. Non mi piace più l’aria che si respira in partibus fidelis, dalle vostre parti. Intendiamoci non voglio cominciare la solita solfa sul cattivo esempio dei preti, sulle sacrestie luogo di maldicenze e di intrighi, sugli oratori trasformati in campi di battaglia fra spaccio d’erba tollerato e bullismo istituzionalizzato. Non sono né queste umane miserie che mi tengono lontano né altro; non è per quello che trovo che non vengo più ma, per quello che non trovo. Non c’è più niente di divino, di soprannaturale, di spirituale in queste messe. Niente di “alto” che mi metta in contatto provvisoriamente e, perché no, confusamente, con l’eternità.
Non pretendo di ascoltare ogni domenica le eleganti e raccolte riflessioni di Monsignor Ravasi né i sermoni apocalittici del maestro Eckhart; né mi aspetto di vivere esperienze estatiche indimenticabili ma, almeno, per piacere, un minimo di raccoglimento, di pensieri alti, di riflessione, di sacrosanta solitudine. Cosa c’entrano con la messa quei canti orribili accompagnati da chitarre per lo più stonate? E quelle omelie politicamente corrette a metà fra il populismo e l’educazione civica? Ho perso la speranza di ascoltare canti gregoriani o la grande musica sacra (quella che il genio dell’uomo ha interpretato come base per la predisposizione per il rapporto con l’Eterno) e il profumo dell’incenso è oramai un ricordo lontano, e di ciò me ne sono fatta una ragione, ma ascoltare per dieci, quindici minuti, un prete che guardando l’orologio mi invita a rispettare l’ambiente, a pagare le tasse, ad accogliere gli immigrati, ad amare gli animali a sentirmi uguale ai fratelli musulmani e via di questo passo, è davvero troppo. Io vorrei che in quell’ora fossi messo in contatto con qualcosa di divino; che mi parlaste del paradiso, dell’inferno, dello spirito, del giorno del giudizio, della morale, del peccato, della solitudine e del libero arbitrio e dell’eternità.
E vorrei che non tentaste di insegnarmi ad essere un buon cittadino, un acceso ambientalista, un elettore avveduto o un leale contribuente che, per quello, ci sono già le associazioni no profit, i movimenti, i partiti politici e i gruppi su facebook che lo fanno meglio, e a tempo pieno. Voi vi siete dedicati a fare altro e lo fate bene: l’accoglienza, l’aiuto, la solidarietà, vi riescono bene e ve ne rendo merito ma la Santa Messa è altro e finché non lo capirete le Chiese rimarranno vuote, anche per questo. Io nel frattempo, mi sono reso conto che se voglio speculare sull’eternità mi vado a rileggere l’infinito di Leopardi, se voglio cogliere la particella di Dio devo ricorrere al bosone di Higgs e se voglio approfondire il tema del libero arbitrio e della condizione umana è meglio se ascolto Jovanotti : “ io lo so che non sono solo anche quando sono solo e rido, e piango, e mi fondo con il cielo e con il fango” che almeno è intonato. Per questo non vengo più in Chiesa; perchè sulle strade battute dai profeti ora passeggiano gli imbonitori ed io, in genere, Emilio Fede e Marco Travaglio li ho sempre evitati. Absit iniuria verbis.

A. Serni

http://blog.messainlatino.it/2013/11/caro-vescovo-non-vado-piu-messa-per.html

miércoles, 16 de octubre de 2013

La "Iglesia de la Misericordia"

Que alguien me ayude! Se oye mucho últimamente la palabra "misericordia"... El Señor recomendaba el ejercicio de la misericordia con el prójimo, incluyendo los pecadores! Dónde está, Señor, esta tan manoseada y abusada palabra que está en boca de muchos pero que pocos la ponen en práctica? 

Es que existen diversos tipos de misericordia? Misericordia de izquierda y misericordia de derecha? La misericordia... tiene derechos humanos? Qué es más fácil y más "misericordioso": celebrar el funeral de una persona suicida, con aplausos y loas al difunto, o celebrar el funeral de un criminal de guerra que ha recibido los últimos sacramentos muriendo en gracia de Dios?

Cuál de las dos situaciones obtiene más "réditos" para la Iglesia en términos de "simpatía", "acercamiento", "aplausos y hosannas varios"?

Sepultar a los muertos es una obra de misericordia, no? Cómo es que se han lavado las manos unos a otros los diversos Pilatos en ejercicio: Alemania (donde nació el difunto en cuestión), Argentina (donde vivió muchos años), Italia (Roma, última residencia), Vicariato de Roma... Obviamente, ninguna palabra de la Sede Apostólica, porque, evidentemente, la "misericordia" hay que ejercerla en la "periferia". Cierto, lo había olvidado! Además sería una verdadera locura perder el estado de "exaltación" tan "orgullosamente y duramente" conquistado en los últimos meses de intensivo trabajo de "recuperación" de la "correcta" imagen que la Iglesia debe tener hoy. No se puede cometer semejante paso en falso; hay que comprenderlos! 

Sin embargo, alguien se atrevió, finalmente, a poner la cara a los sopapos de los intolerantes de turno quienes, por más razón que tengan en condenar el pecado, no tienen ninguna excusa cuando se trata de emplear métodos propios de la tiranía con la svástica que tanto detestan y que, para manifestar su disenso, agredan a uno de los sacerdotes de la congregación que se ofreció para ejercer la debida misericordia enseñada desde siempre por la Iglesia Católica!

Misericordia... "¡Sed misericordiosos, como vuestro Padre es misericordioso! (Lc 6,36).
Bienaventurados los misericordiosos, porque ellos alcanzarán misericordia (Mt 5,7), ha dicho el Señor, que a través de Santa Faustina nos ha recordado: Debes mostrar misericordia al prójimo siempre y en todas partes. No puedes dejar de hacerlo ni excusarte ni justificarte. Te doy tres formas de ejercer misericordia al prójimo: la primera – la acción, la segunda – la palabra, a tercera – la oración. En estas tres formas está contenida la plenitud de la misericordia y es el testimonio irrefutable del amor hacia Mí. De este modo el alma alaba y adora Mi misericordia .Todo esto, lo resumió a Santa Faustina su Confesor, el P. el P. Andrasz, S. J., así: “Procure que quien trate con usted, se aleje feliz” .

Miserere



 
 

lunes, 14 de octubre de 2013

No, no está todo bien en la Iglesia!

Para quienes dominan el inglés, en este video un sacerdote llamado padre Michael Rodríguez habla en un sermón de los tiempos que estamos viviendo y su relación con el mensaje de Fátima.

La verdad es que no se ha consagrado la Rusia del modo en que lo pedía la Virgen. Según lo que afirma este sacerdote, los Papas no han obedecido en la divulgación del Tercer Secreto, el cual tenía que haber sido dado a conocer al completo en 1960. Grandes dolores, persecuciones deberá sufrir la Iglesia y el Santo Padre por no haber cumplido con su deseo. Esto lo estamos viendo, no lo podemos negar por más que nos quieran convencer de lo contrario. Negando la realidad no nos vamos a salvar de los castigos que nos están afligiendo! El Maligno está encontrando el terreno fértil para descerrajar el golpe final sobre la Iglesia porque los pastores han dejado de cumplir con su deber de salvar las almas! Nos hemos olvidado de que Jesús es el SALVADOR? Pero el salvador de qué? Qué nos ense
ñan quienes tienen la gravisíma responsabilidad de la cura de almas? Cuál es nuestro destino final?

Benedicto XVI había tenido el deseo, antes de su abdicación, de que la imagen de la Virgen de Fátima llegase al Vaticano para estas fechas. Ella llegó el 12 de octubre y la primera etapa fue la capilla del monasterio donde vive el Papa emérito. El también quería tener una imagen de san Miguel Arcángel en los Jardines Vaticanos la cual fue inaugurada hace unos meses. San Miguel y la Virgen son los guerreros de Dios, como dice el padre Michael en el video. Curiosamente, dos eventos queridos por Benedicto XVI a poca distancia uno de otro. Para pensar...



domingo, 29 de septiembre de 2013

Fiesta de San Miguel Arcángel




Sancte Michael Archangele,
defende nos in proelio,
contra nequitiam et insidias diaboli esto praesidium.

Imperet illi Deus, supplices deprecamur:
tuque, Princeps militiae coelestis,
Satanam aliosque spiritus malignos,
qui ad perditionem animarum pervagantur in mundo,
divina virtute, in infernum detrude.

Amen.



San Miguel Arcángel,
defiéndenos en la batalla.
Sé nuestro amparo
contra las perversidad y asechanzas del demonio.

Reprímale Dios, pedimos suplicantes,
y tu príncipe de la milicia celestial
arroja al infierno con el divino poder
a Satanás y a los otros espíritus malignos
que andan dispersos por el mundo
para la perdición de las almas.

Amén.

Lo que significa ser monaguillo

What it means to be an Altar Server from Two Sense Films on Vimeo.

miércoles, 31 de julio de 2013

Cuando la división es propiciada por el Vaticano

La noticia, seguramente, cayó como una bomba en el mundo de la Tradición. Ya se pone en funcionamiento la "topadora" que la "nueva primavera" o "nuevo curso" en la Iglesia está poniendo a punto con el fin de arrasar lo que Benedicto XVI Magno estableció con su máxima autoridad pontificia: la libre facultad de celebrar Misa con el rito antiguo.Las primeras cabezas en caer, en este caso,  son las de los Franciscanos de la Inmaculada. A mi,  sinceramente,  no me llama la atención,  ya que el actual Obispo de Roma pone en práctica lo que ya estaba acostumbrado a hacer en Buenos Aires. Preparemonos a las persecuciones que vendrán de lo más alto! A quienes les tocará después?Qué harán los Franciscanos? Resistirán o tal vez aceptarán la injusticia vaticana ofreciéndola a Dios por el bien de la Iglesia?Desde este blog quiero decirles a los Franciscanos, y creo que los lectores coincidirán conmigo, que estamos con ellos y que los apoyaremos con oraciones, pidiendo al Señor,  además,  por la conversión de los que, abusando de la autoridad conferida, la ejercen de manera arbitraria sin tener en cuenta el bien de las almas. Que Dios perdone el daño y el sufrimiento ocasionados a estos hermanos nuestros.

Miserere




I Francescani dell'Immacolata sulla strada del martirio dei Santi della Chiesa

                                     
di Cristina Siccardi

Dolore e sconcerto hanno assalito moltissimi fedeli, sacerdoti, parroci, religiosi e religiose alla notizia che all’ordine dei Francescani dell’Immacolata, Congregatio Fratrum Franciscanorum Immaculatae,  sia stato, di fatto, impedito di celebrare la Santa Messa in rito antico. Una domanda si è levata: ma la Chiesa è Madre o matrigna? La Chiesa, come Corpo mistico di Cristo è Madre, ma, spesso, come autorità umana, soprattutto dopo il Concilio Vaticano II, è matrigna.
Moltissime anime, dicevamo, stanno soffrendo per questa prova ingiusta perché in profonda contraddizione con il Motu Proprio di Benedetto XVI emanato nel 2007, Summorum Pontificum, che liberalizzava la Messa in rito tridentino, rito, peraltro, che non è mai stato abolito e continuava ad essere valido quanto dichiarato da san Pio V, nella Bolla Quo primum tempore:
«...in virtù dell'Autorità Apostolica, Noi concediamo, a tutti i sacerdoti, a tenore della presente, l'Indulto perpetuo di poter seguire, in modo generale, in qualunque Chiesa, senza scrupolo veruno di coscienza o pericolo di incorrere in alcuna pena, giudizio o censura, questo stesso Messale, di cui dunque avranno la piena facoltà di servirsi liberamente e lecitamente: così che Prelati, Amministratori, Canonici, Cappellani e tutti gli altri Sacerdoti secolari, qualunque sia il loro grado, o i Regolari, a qualunque Ordine appartengano, non siano tenuti a celebrare la Messa in maniera differente da quella che Noi abbiamo prescritta, né, d'altra parte, possano venir costretti e spinti da alcuno a cambiare questo Messale.
Nessuno dunque, e in nessun modo, si permetta con temerario ardimento di violare e trasgredire questo Nostro documento: facoltà, statuto, ordinamento, mandato, precetto, concessione, indulto, dichiarazione, volontà, decreto e inibizione. Che se qualcuno avrà l'audacia di attentarvi, sappia che incorrerà nell'indignazione di Dio onnipotente e dei suoi beati Apostoli Pietro e Paolo...».
Ai Francescani dell’Immacolata non sarà più consentito seguire le norme di Benedetto XVI, «papa emerito», ancora vivente, scritte nel Summorum Pontificum:
«...Perciò è lecito celebrare il Sacrificio della Messa secondo l’edizione tipica del Messale Romano promulgato dal B. Giovanni XXIII nel 1962 e mai abrogato, come forma straordinaria della Liturgia della Chiesa. Le condizioni per l’uso di questo Messale stabilite dai documenti anteriori “Quattuor abhinc annos” e “Ecclesia Dei”, vengono sostituite come segue:
Art. 2. Nelle Messe celebrate senza il popolo, ogni sacerdote cattolico di rito latino, sia secolare sia religioso, può usare o il Messale Romano edito dal beato Papa Giovanni XXIII nel 1962, oppure il Messale Romano promulgato dal Papa Paolo VI nel 1970, e ciò in qualsiasi giorno, eccettuato il Triduo Sacro [dalla Messa in Cena Domini alla Veglia Pasquale inclusa]. Per tale celebrazione secondo l’uno o l’altro Messale il sacerdote non ha bisogno di alcun permesso, né della Sede Apostolica, né del suo Ordinario.
Art. 3. Le comunità degli Istituti di vita consacrata e delle Società di vita apostolica, di diritto sia pontificio sia diocesano, che nella celebrazione conventuale o “comunitaria” nei propri oratori desiderano celebrare la Santa Messa secondo l’edizione del Messale Romano promulgato nel 1962, possono farlo. Se una singola comunità o un intero Istituto o Società vuole compiere tali celebrazioni spesso o abitualmente o permanentemente, la cosa deve essere decisa dai Superiori maggiori a norma del diritto e secondo le leggi e gli statuti particolari.
§ 3. Ai chierici costituiti “in sacris” è lecito usare il Breviario Romano promulgato dal B. Giovanni XXIII nel 1962».
Siamo di fronte ad un vero abuso di potere, perpetrato attraverso un’interpretazione distorta delle norme vigenti: nel diritto canonico non è mai lecito interpretare le norme contro la loro ratio e, soprattutto, contro la salus animarum, suprema legge e principio supercostituzionale di tutto l’ordinamento della Chiesa. Scrive Sandro Magister: i Francescani dell’Immacolata
«si vogliono fedeli alla tradizione, nel pieno rispetto del magistero della Chiesa. Tant’è vero che nelle loro comunità celebrano messe sia in rito antico che in rito moderno, come del resto fanno in tutto il mondo centinaia di altre comunità religiose – per fare un solo esempio i benedettini di Norcia – applicando lo spirito e la lettera del motu proprio "Summorum pontificum" di Benedetto XVI.
Ma proprio questo è stato loro contestato da un nucleo di dissidenti interni, i quali si sono appellati alle autorità vaticane lamentando l’eccessiva propensione della loro congregazione a celebrare la messa in rito antico, con l’effetto di creare esclusioni e contrapposizioni dentro le comunità, di minare l'unità interna e, peggio, di indebolire il più generale "sentire cum Ecclesia".

Le autorità vaticane hanno risposto inviando un anno fa un visitatore apostolico. E ora ecco la nomina del commissario.
Ma ciò che più stupisce sono le ultime cinque righe del decreto dell’11 luglio:

“In aggiunta a quanto sopra, il Santo Padre Francesco ha disposto che ogni religioso della congregazione dei Frati Francescani dell’Immacolata è tenuto a celebrare la liturgia secondo il rito ordinario e che, eventualmente, l’uso della forma straordinaria (Vetus Ordo) dovrà essere esplicitamente autorizzata [sic] dalle competenti autorità, per ogni religioso e/o comunità che ne farà richiesta”.

Lo stupore deriva dal fatto che ciò che qui viene decretato contraddice le disposizioni date da Benedetto XVI, che per la celebrazione della messa in rito antico “sine populo” non esigono alcuna previa richiesta di autorizzazione:
“Ad talem celebrationem secundum unum alterumve Missale, sacerdos nulla eget licentia, nec Sedis Apostolicae nec Ordinarii sui”[1].
Mentre per le messe “cum populo” pongono alcune condizioni, ma sempre assicurando la libertà di celebrare.

In generale, contro un decreto di una congregazione vaticana è possibile fare ricorso presso il supremo tribunale della segnatura apostolica, oggi presieduto da un cardinale, l’americano Raymond Leo Burke, giudicato amico dai tradizionalisti.
Ma se il decreto è oggetto di approvazione in forma specifica da parte del papa, come sembra avvenire in questo caso, il ricorso non è ammesso»[2]. Pertanto i Francescani dell’Immacolata, dovranno attenersi al divieto di celebrare la messa in rito antico a partire da domenica 11 agosto.

Certo è che la situazione è davvero grave: diritti soggettivi di sacerdoti e fedeli, garantiti da almeno 500 anni di costante imperio pontificio e di consolidata prassi ecclesiale, salvo che per i 38 anni intercorsi tra la riforma liturgica del 1969 ed il Summorum Pontificum del 2007 (con progressivi allentamenti di tali vincoli, quanto meno a partire dal 1984), vengono ora messi in discussione. Cosa ancora più grave è il modo con cui ciò viene realizzato: non una riforma legislativa chiara ed organica, ma l’avallo pontificio di un atto amministrativo, che viene così reso non impugnabile presso le superiori istanze.
Dev’essere profondamente tragico e penoso per i Francescani dell’Immacolata, costretti a celebrare la Messa soltanto nella forma moderna… lacrime versate per chi e per cosa? Occorre, inoltre, prestare molta attenzione: il Vetus Ordo non è una realtà chiusa in se stessa. Vivere la Santa Messa antica significa avere uno stile cattolico diverso, autentico: nella nuova si vive la mensa, l’ “assemblea” convocata banchetta insieme e partecipa al sacerdozio, nell’antica il celebrante compie, in persona Christi, il Santo Sacrificio del Calvario e i fedeli, che assistono, si abbeverano alla fonte della Grazia eucaristica. Non si tratta semplicemente di gusti estetici più raffinati ed eleganti; paramenti sacri più belli o paramenti più brutti; più fiori sull’altare, più candele accese o meno; di organi o chitarre; di cori angelici o cori rock… si tratta di vivere o meno la Santa Messa come Sacrificio propiziatorio.
Finalmente, però, di fronte a questi fatti, qualcuno aprirà gli occhi e dirà: «è vero, dunque, che il rito della Messa divide!», infatti, ha ancora scritto Magister: «un caposaldo del pontificato di Joseph Ratzinger è stato incrinato. Da un’eccezione che molti temono – o auspicano – diventerà presto la regola»[3].

Nel 1965 padre Stefano Maria Manelli O.F.M. Conv. riscoprì e meditò le Fonti Francescane e gli scritti di san Massimiliano Maria Kolbe. Fu così che la vigilia di Natale del 1969 chiese al Superiore generale dei Frati Minori Conventuali, padre Basilio Heiser, di avviare una nuova opera di vita francescana. Il superiore assecondò l’istanza. Nella Regola sta scritto: preghiera e povertà, penitenza e intenso lavoro di apostolato. Ma che preghiera! E quale povertà! Quelle che toccano il Cuore di Dio e fanno piovere grazie sulla terra, oggi così arida proprio perché invece di vivere povertà e preghiera si declama il pauperismo e, invece di pregare, si decanta la cosiddetta «dignità umana», il pacifismo, l’ecumenismo, la libertà religiosa… e poi si calpesta la dignità di chi rispetta la Fede, la speranza, la carità, le virtù teologali, le virtù cardinali, i dogmi, la dottrina della Chiesa di sempre.
I Francescani dell’Immacolata sopportano il duro freddo dei mesi invernali; calzano i sandali con i piedi nudi, anche sotto l’acqua e nella neve. Per quanto riguarda il nutrimento non si acquista nulla, ma si aspetta tutto dalla Provvidenza. Molto rigore, eppure… un florilegio di vocazioni ed ecco che il gruppo di frati viene riconosciuto dalla Chiesa: il 22 giugno 1990, solennità del Sacro Cuore di Gesù, l’allora Arcivescovo di Benevento Mons. Carlo Minchiatti, «per decisione del Santo Padre» (cfr Segreteria di Stato Prot. n. 258.501), firmò il decreto di erezione del nuovo Istituto di Diritto diocesano, e il 23 giugno 1990, festa del Cuore Immacolato di Maria, avvenne l’erezione effettiva dell’Istituto presso il Centro La Pace di Benevento, con la professione dei voti di circa 30 religiosi. La rapida crescita dello stesso ordine nel mondo e le credenziali dei vescovi nelle cui diocesi si trovano le case dell’Istituto, portò il 1º gennaio 1998, solennità della Madre di Dio, al riconoscimento pontificio (cfr. CRIS Prot. n. B 242-1/94). La novità proposta dal fondatore consiste nel «voto mariano», che viene emesso nella professione religiosa al primo posto, seguito dai voti di castità, povertà, obbedienza.
Il carisma dell’Istituto è francescano-mariano, che consiste nel vivere il francescanesimo alla luce dell’Immacolata secondo la Regola bollata di San Francesco d’Assisi e la Traccia mariana di vita francescana, con la consacrazione illimitata all’Immacolata, che riporta i religiosi alle pure origini mariane del francescanesimo (Santa Maria degli Angeli) e ai recenti esempi e insegnamenti di san Massimiliano Maria Kolbe (“folle” dell’Immacolata e martire della carità), con una spinta particolare alla missionarietà e all’uso dei mass-media per l’apostolato.

Quale sarà ora l’atteggiamento che terranno i Francescani? Quello di rimanere fedeli alla Tradizione della Chiesa? Oppure, come già hanno fatto altri in passato, perché impauriti dalle sentenze e dalle drastiche misure nei loro confronti, di cedere alle pressioni e alle minacce?
Qui non si tratta di una disobbedienza, ma del contrasto fra due obbedienze: obbedire agli uomini o a Dio. Nessuna norma di Santa Madre Chiesa può contenere un danno alla salvezza delle anime; se lo contenesse cesserebbe ipso facto di essere norma della Chiesa e sarebbe arbitrio personale degli uomini di Chiesa che l’hanno varata. Questo, nel diritto canonico, non ha unicamente valore etico, ma valore giuridico immediatamente applicabile. Da ciò consegue che chiunque resista ad un comando ingiusto non viola il diritto, ma lo applica e, a contrario, chi applica una norma ingiusta viola il diritto canonico.
A raddrizzare le sorti della Chiesa in crisi solitamente sono i santi, mentre le autorità costituite, di norma, tutelano e perpetuano le ricchezze della Tradizione nei momenti di fulgore spirituale: pensiamo a Sant’Atanasio nell’epoca dell’eresia ariana, così colpevolmente tollerata dai Pontefici del tempo, in complice sudditanza con il potere politico; a Santa Ildegarda di Bingen fra i catari e il lassismo di conventi e monasteri, di Vescovi e Imperatori; all’energia restauratrice della romana Sede Apostolica di santa Caterina da Siena, vincitrice della pusillanimità pontificia nei confronti del Re di Francia; a san Francesco d’Assisi, punta di lancia del dominio universale di Innocenzo III, contro ogni forma di democraticismo pauperista e di supremazia statolatrica nei confronti della Chiesa (quel san Francesco che rivendica, di fronte al Sultano, il diritto dei crociati a muovere guerra all’Islam ed ai suoi seguaci, non solo in Europa, ma anche in Terra Santa, come testimoniato da Fra’ Tommaso da Celano, suo primo biografo); ai santi della Controriforma, così strenuamente impegnati a combattere e reprimere eresie e tentazioni esoteriche: da san Roberto Bellarmino, confratello del regnante Pontefice, splendido accusatore nel processo contro Giordano Bruno, a san Carlo Borromeo, grandiosa personificazione della povertà e del sacrificio in privato, quanto della magnificenza nell’adempimento delle sue funzioni di Vescovo, a san Filippo Neri, consigliere dei Papi e sublime asservitore dell’ironia e della gioia di vivere alla purezza di dottrina e di costumi, a san Francesco di Sales, eroico leone della lotta anticalvinista nella stessa Ginevra ed  in tutte le terre circostanti.
Scriveva il grande Cardinale Newman, che nell’assistere alla Messa antica nelle chiese di Roma, di Sicilia e di Milano e nello studiare i Padri della Chiesa si convertì al Cattolicesimo:
«È degno di non poco rilievo il fatto che, sebbene, storicamente parlando, il quarto secolo sia l’età dei dottori, illustrata com’è dai santi Atanasio ed Ilario, i due Gregori, Basilio, Crisostomo, Ambrogio, Girolamo ed Agostino (e tutti costoro anche santi vescovi), eccetto uno, nondimeno, proprio in quel periodo la Tradizione Divina affidata alla Chiesa infallibile, venne proclamata e conservata molto di più dai fedeli che dall’episcopato»[4].

Non è forse ciò che sta accadendo? Ma oggi i santi dove sono? Gli eroi della Fede dove sono? Coloro che con parole e azioni sappiano manifestare la verità dove sono? Forse la Divina Provvidenza, di fronte al crollo del Cattolicesimo, ai suoi principi dottrinali e morali, sta chiamando i Francescani dell’Immacolata alla resistenza? Che cosa avrebbe fatto al loro posto san Paolo, che, come egli stesso dichiara ha apertamente resistito a Pietro perché palesemente sbagliava[5]? Avrebbe ceduto alle superiori istanze gerarchiche o sarebbe rimasto fedele alla Fede per la quale esiste la Chiesa?
In questa vicenda, apparentemente marginale, si gioca una partita di grande importanza per l’evoluzione della crisi che attualmente travaglia la Chiesa: si scontrano l’arbitrio, che trova unicamente nell’ideologia rivoluzionaria conciliarista la sua ragion d’essere, ed il diritto cristiano, che è tale perché discende dalla verità naturale e rivelata. Molto bene ha messo in evidenza ciò Enzo Bianchi[6] nel suo articolo di attacco calunnioso alla Fraternità Sacerdotale San Pio X: l’unica vera ragione per proibire e/o anche solo ostacolare la celebrazione della Santa Messa nel rito antico è che essa costituisce la pietra d’inciampo sulla strada del cammino modernista. Di ciò si era già ben avveduto san Pio da Pietrelcina, quando, all’indomani del Concilio Vaticano II, si rifiutò di abbandonare la Messa di sempre, nonostante gli ordini e le pressioni delle competenti autorità; tale rifiuto fu tanto fermo da indurre Paolo VI ad ammirarne lo zelo di Fede e la determinazione fino al punto da concedergli personale indulto. Appare quindi evidente la grandissima responsabilità che incombe sui Francescani dell’Immacolata, responsabilità che trova nel Padre spirituale del loro fondatore[7] lume di consiglio ed esempio di azione: essi si trovano posti di fronte alla scelta fra il martirio dei santi della Chiesa, seme dei Cristiani, e l’inutile martirio della propria consumazione fisica e spirituale nell’iniqua obbedienza all’ingiustizia… il Crocefisso di Giotto, che imperioso sta nella loro maestosa chiesa di Ognissanti a Firenze, li sta a guardare.




[1] Nota di Sandro Magister: «Curiosamente, ancora sei anni dopo la pubblicazione, il motu proprio “Summorum Pontificum” di Benedetto XVI continua a essere presente nel sito ufficiale della Santa Sede solamente in due lingue e tra le meno conosciute: la latina e l’ungherese».
[2] S. Magister, La prima volta che Francesco contraddice Benedetto, in:
[3] S. Magister, La prima volta che Francesco contraddice Benedetto, in:
[4] J.H. Newman, Gli ariani del IV secolo, Jaca Book-Morcelliana, Milano 1981, p.361.
[5] Cfr. Gal 2, 11.
[7] Padre Stefano Manelli è figlio spirituale di Padre Pio, dal quale ebbe l’ispirazione di fondare i Francescani dell’Immacolata.

Fonte:


http://blog.messainlatino.it/2013/07/i-francescani-dellimmacolata-sulla.html

sábado, 8 de junio de 2013

El martirio de un Papa

Es un video muy conmovedor! Impecable la descripción de su vida desde el nacimiento hasta su abdicación. Se habla mucho de todo lo que ha debido sufrir Benedicto XVI, de su martirio!



jueves, 30 de mayo de 2013

Los que siembran cizaña

No nos falta nada! No sólo no se conforman con poner todo tipo de obstáculos a la aplicación del Motu Proprio "Summorum Pontificum" en sus propias diócesis, sino que aprovechan para sembrar cizaña ante el nuevo Obispo de Roma. Son los "pastores" de la Región de Puglia que se fueron a quejar por las supuestas divisiones que crean los que seguimos el Sacro Rito Tradicional. La idea es la derogación del documento de Benedicto XVI porque evidentemente les quita el sueño... La respuesta es un no de parte del Obispo de Roma quien a su vez les cuenta que le había sido sugerida la remoción del Maestro de Ceremonias. "Dije que no, justo porque yo mismo pueda hacer tesoro de su preparación tradicional y contemporáneamente él pueda sacar ventaja, del mismo modo, de mi formación más emancipada".

Vamos a ver qué significa "emancipada". La palabra viene de "emancipación", en el sentido más extenso del término, se refiere a toda aquella acción que permite a una persona o a un grupo de personas acceder a un estado de autonomía por cese de la sujeción a alguna autoridad o potestad.

Qué quiso decir el Obispo de Roma con una "formación más emancipada"? A mí la palabra me da miedo, en este contexto... De qué debería emanciparse?
Reconozco que no es fácil entender muchas veces qué quiere decir con sus dichos el nuevo Obispo de Roma. Quizá el padre Lombardi pueda ayudarnos a esclarecer las obvias dudas que el nuevo lenguaje papal nos plantea.


Artículo del amigo Andrea Carradori:



MARTEDÌ 28 MAGGIO 2013

I vescovi che disprezzano il Magistero sono credibili ?


Dal blog chiesaepostconcilio, prendo un efficace intervento di una fedele che si firma Luisa a commento della recente dichiarazione , condita dalla solita stantìa ideologia progressista-postconciliare, di S.E.R. Mons. Domenico Padovano, vescovo di Conversano e Monopoli che “ al clero della sua diocesi ha raccontato come la priorità dei vescovi della regione del Tavoliere sia stata quella di spiegare al Papa che la messa in rito antico sta creando grandi divisioni all’interno della chiesa. Messaggio sottinteso: il Summorum Pontificum va cancellato, o quanto meno fortemente limitato. Ma Francesco ha detto no
Anch’io come Luisa non riesco a spiegare il senso di una frase attribuita al Papa : “Vedete? Dicono che il mio maestro delle cerimonie papali [Mons. Guido Marini, odiatissmo sia dai Prelati Curiali che da numerosi Vescovi periferici N.d.R.] sia di stampo tradizionalista; ed in molti, dopo la mia elezione, mi hanno invitato a sollevarlo dall’incarico e sostituirlo. Ho risposto di no, proprio perché io stesso possa fare tesoro della sua preparazione tradizionale e contemporaneamente egli possa avvantaggiarsi, allo stesso modo, della mia formazione più emancipata”.

Esiste una Liturgia più “ emancipata “ ?
Esiste una Teologia più “emancipata” ?
Esiste una Chiesa più “emancipata” ?
La Fede può “emancipare” ?
Dio può “emancipare” ?

Andrea Carradori


« Quando sono i vescovi, acerrimi nemici del Motu Proprio Summorum Pontificum, a riportare le parole di Papa Bergoglio sulla Liturgia, che credibilità possono avere?

“vivere il rapporto con la liturgia con semplicità e senza sovrastrutture”.

E vlan ! uno schiaffo a Papa Benedetto !

Povere vittime ( i Vescovi pugliesi N.d.R.)  che vanno a lamentarsi dal Papa della divisione che portano i fedeli legati alla Messa nella forma straordinaria!

E un altro graffio a Benedetto XVI che l`ha liberalizzata.

La divisione non sono forse questi vescovi ribelli che hanno fatto di tutto per impedire l`applicazione del Motu Proprio Summorum Pontificum; che hanno sbattuto in faccia le porte ai cattolici che avevano l`ardire di domandare quel che era un loro diritto?

E non illudetevi, non crediate che quando Mons. Molfetta scrive:

"Papa Francesco, alla luce di certi fenomeni del recente passato in cui sono state registrate sul piano liturgico non poche derive, ha esortato noi vescovi, riferendoci anche alcuni esempi concreti, a vivere il rapporto con l’azione liturgica, in quanto opera di Dio, da veri credenti al di là di ogni tronfio cerimonialismo, pienamente consapevole che la ‘nobile semplicità’ di cui parla il Concilio, non è sciatteria ma Bellezza, bellezza con la ‘B’ maiuscola".

Si riferisca agli abusi liturgici commessi nelle parrocchie con la Messa nella forma ordinaria, non pensa allo scempio liturgico tollerato e incoraggiato, noooooo, pensa solo a chi si lascia andare al "tronfio cerimonialismo"!
Patetici, caricaturali, ma sono questi i Custodi della Liturgia che non solo sono stati incapaci di proteggerla dalle manipolazioni arbitrarie ma le hanno legittimate, anche con la loro presenza.

Quel che è successo a Genova, legittimato dal card. Bagnasco, è lo specchio dello stato comatoso della Chiesa, e l`Italia non sembra far eccezione.

Ancora aggiungere che Jorge Bergoglio è tutto salvo un amico del Motu Proprio Summorum Pontificum :  è vero che ha subito permesso l`applicazione del SP ma per poi snaturarlo completamente con il risultato che, a parte la FSSPX, no c`è più nessuna Messa Tridentina a Buenos Aires ( malgrado numerose , crescenti richieste anche da parte di giovani sacerdoti N.d.R.)
Mi piacerebbe sapere che cosa intende per "formazione più emancipata" grazie alla quale Mons. Marini potrebbe avvantaggiarsi! » LUISA

lunes, 29 de abril de 2013

Lo que hay que saber sobre la Santa Misa Tradicional

Gracias al hermano Franco de Jesús Sacramentado por estas clarificantes explicaciones sobre la Santa Misa Tradicional.


¿Diez objeciones a la Santa Misa Tradicional?

da Franco De Jesús Sacramentado (Note) Domenica 4 dicembre 2011 alle ore 3.59


Tan grande es la confusión y falta de conocimiento sobre la misa tradicional que hemos querido resumir en 10 puntos las objeciones más habituales que se oyen entre la gente. Nuestra esperanza es contribuir a la aclaración de ciertos puntos. Pero si los lectores solicitan otras puntualizaciones, estamos a disposición, lo mismo que abiertos a las correcciones de los doctos en el tema.


1) Fue abolida por el Concilio Vaticano II / el papa Pablo VI.

Primero, la liturgia tradicional del rito romano vigente durante 15 siglos no podría haber sido abolida. Tampoco había caído en desuetudo, porque era el rito más común de la Iglesia latina hasta 1969, dado que los otros están muy vinculados con tradiciones particulares de ciertas regiones. Esto lo acaba de confirmar nuevamente el Papa Benedicto XVI en su Motu Proprio Summorum Pontificum.

Segundo, la Bula Quo Primum Tempore, de San Pío V que canoniza la codificación del rito, la autoriza a perpetuidad. Así pues, en el número XII de sus prescripciones dice: "Así pues, que absolutamente a ninguno de los hombres le sea lícito quebrantar ni ir, por temeraria audacia, contra esta página de Nuestro permiso, estatuto, orden, mandato, precepto, concesión, indulto, declaración, voluntad, decreto y prohibición.

"Más si alguien de atreviere a atacar esto, sabrá que ha incurrido en la indignación de Dios omnipotente y de los bienaventurados Apóstoles Pedro y Pablo."

2) Fue una reforma del Concilio de Trento y del papa Pío V, equivalente al Vaticano II y al papa Pablo VI

En sentido propio no fue una “reforma”, sino el ordenamiento y la codificación de la tradición litúrgica del rito romano. No se impuso por la fuerza y solo se prohibieron los ritos particulares con menos de 200 años de antigüedad que abundaban bajo el nombre de “galicanos”.

El Vaticano II nunca mandó abolir el rito romano. En la práctica posconciliar se “fabricó un rito nuevo” y la iniciativa, tolerada por el Papa Paulo VI, es verdad, de realizar una prohibición “de facto” nació especialmente del celo antitradicional de Mons. Bugnini. Esta iniciativa tan a contrapelo de la tradición litúrgica motivó muchas objeciones, entre las que destaca el trabajo crítico de los Cardenales Bacci y Ottaviani.

Ya desde un principio el propio Papa Paulo VI vio la necesidad de escuchar el reclamo de los fieles católicos que pedían no se proscribiera de hecho la misa tradicional y también deaclarar muchos errores litúrgicos a los que dicha reforma dio pie.

3) Es una liturgia muy europea, poco apta para misionar o para los pueblos del “tercer mundo”. Es una liturgia restringida a la mentalidad occidental latina.

El rito romano es el más amplio, ecléctico y tradicional de todos los que están en uso en la Santa Iglesia Universal. Ha tomado elementos de todas las tradiciones litúrgicas, por lo cual es la más antigua, la más universal y además, la propia de la Sede universal petrina. Conserva formas de la liturgia griega en esta lengua o en latín, el riquísimo aporte de los salmos del Antiguo Testamento, tanto en el misal como en el oficio divino y el ritual sacramental. Inclusive muchos términos hebreos, como aleluya, amén, sabaoth, hosanna, y otros propios del leccionario.

Por otro lado, merced a la intensa labor misionera en América, Asia y Africa, es la más difundida en todo el mundo, donde ha sido aceptada sin resistencia.

4) El latín es incomprensible. Aleja a los fieles de la celebración.

El latín es la lengua madre del castellano, francés, rumano, portugués, catalán, italiano, y tiene una fuerte influencia en el inglés y el alemán. Es una lengua con la que todos estamos familiarizados, y usamos muchas veces su léxico creyendo utilizar términos en inglés (super, index, lexicon, & (et), curricula, comfort, media, etc.).

Los misales para fieles, además de ser extraordinarios instrumentos de devoción, hacen imposible que una persona medianamente instruida tenga dificultad para entender los textos de la ceremonia, o su sentido, puesto que las rúbricas no solo son claras, sino que son estables, no cambian a gusto del celebrante.

Tanto la homilía como las lecturas de la epístola y el evangelio se realizan ritualmente en latín y luego se traducen a la lengua vernácula para los que no quieran usar misal.

Usualmente se edita una hoja volante con el propio de cada domingo (introito, colecta, gradual, epístola, evangelio, ofertorio, comunión, secreta, post-comunion…) en los lugares donde actualmente se celebra la misa tridentina. Con una carilla el fiel puede tener a la mano lo que cambia domingo a domingo (el propio) En cambio las partes fijas (el ordinario) rápidamente se aprenden de memoria, precisamente porque son “fijas”. Niños de primera comunión saben estas partes rezadas y hasta cantadas por haberlas oído rezar o cantar, casi sin ningún esfuerzo.

Finalmente, si aleja a los fieles, hemos de remitirnos a los hechos. Las comunidades de misa tradicional crecen a un ritmo muy superior a la media de las de misa nueva. No por nada el Papa la apoya con tanta insistencia su restauración.

5) En la misa tridentina no se puede “participar”.

Primero hay que tener en claro de qué forma puede participar un seglar en la liturgia, conforme a las normas litúrgicas tradicionales.

Fuera del acolitado de los laicos varones o la participación en la schola cantorum, (coro) los seglares no intervienen en la ceremonia litúrgica. Participan de los diálogos litúrgicos con el sacerdote, las oraciones, las procesiones, el canto, la comunión… No parece poco. Queda claro que el sacerdocio que habilita a celebrar, leer o predicar es el ministerial, y por lo tanto quienes no formen parte del clero –y según el grado de las órdenes recibidas- no “protagonizan” la liturgia.

Los fieles no administran la comunión, no la reciben en la mano (la Madre Teresa de Calcuta decía que el mayor mal de estos tiempos era recibir la comunión en la mano…). Van a misa a adorar, pedir perdón, ofrecer espiritualmente la oblación junto con el sacerdote, a recibir sacramentalmente a Nuestro Señor Jesucristo, pedir gracias, sufragar con sus oraciones las almas del purgatorio, pedir por los vivos, conmemorar al papa y al obispo. En definitiva a adorar a Dios, santificarse y rezar por la santificación de los fieles y de los que no lo son.


6) Se descuida la enseñanza y el adoctrinamiento de los fieles quitándole importancia a la "liturgia de la palabra".

La misa no tiene por función adoctrinar a los fieles. Solo una parte de ella se dedica a esto, hoy llamada “liturgia de la palabra” siguiendo la terminología de la nueva teología litúrgica. En el rito tradicional se denomina “misa de los catecúmenos”, es decir, de los que están siendo adoctrinados para recibir el bautismo.

No es posible olvidar la propedéutica litúrgica: primero el sacerdote reza oraciones al pie del altar. Principalmente salmos penitenciales, disponiendo el ánimo a la contrición del alma para poder celebrar los sagrados misterios. Recién cuando se ha hecho este acto penitencial sube el celebrante al altar. La misma disposición deben guardar los fieles. Luego del último acto de contrición (rezo o canto en griego del Kyrie (Kyrie eleison, Christe eleison, Kyrie eleison), tres veces cada frase alternando con los fieles, comienza la parte dirigida principalmente a la instrucción en la doctrina, o parte docente propiamente dicha. Lecturas y homilía. Luego se reza la confesión de Fe, Credo, y da comienzo el ofertorio, o misa propiamente dicha. Esta parte se dirige a nuestra fe, convocándonos a la adoración del misterio.

La Iglesia nos invita a disponernos con humildad a la celebración, luego nos instruye, nos invita a confesar la fe y finalmente a contemplar y adorar el misterio de la eucaristía. Muchísimos gestos y oraciones tienen por función implorar a Dios sea propicio y aceptable, por los méritos de Nuestro Señor Jesucristo y de sus santos, este ofrecimiento.

De modo que no se descuida la doctrina, sino que se gradúa según la importancia que tiene en el acto sacrificial. Otras actividades extralitúrgicas se dedican especialmente a la doctrina. Sin embargo, no perdamos de vista el carácter intrínsecamente didáctico de la liturgia que resume el antiguo apotegma: la ley de la oración es la ley de la fe. Eso que rezamos nos instruye en la Fe porque es lo que creemos.

7) El sacerdote desprecia a la asamblea, da la espalda a los fieles y realiza toda la ceremonia en el presbiterio.

El sacerdote se “orienta”, es decir, mira al oriente, hacia el monte calvario (como los musulmanes miran a La Meca, centro espiritual de su religión). Normalmente la misa debe celebrarse sobre un altar (no una mesa) “orientado”. Este debe ser preferiblemente de piedra y en caso que no pueda hacerse al menos tener el ara o piedra de altar, lugar sobre la cual se realiza la consagración. Esta piedra está tiene dentro reliquias de santos mártires. Los altares son consagrados, porque simbolizan el cuerpo de Cristo. Por eso se los besa, se los incienza y se lo adorna y reverencia. Cuando el Santísmo está en el sagrario, se hace una genuflexión al pasar frente a él. Pero aún cuando no lo está, se hace una reverencia profunda ante el altar, porque es un lugar sagrado.

En medio del altar está el Sagrario, lugar de reserva de la Sagrada Eucaristía para su adoración y administración a los fieles. Es el sancta sanctorum, que viene de la tradición hebrea, el lugar donde solo tiene acceso el sacerdote. En la liturgia oriental esta reserva es mucho mayor, llegando a cerrar el altar detrás de puertas (iconostasio) que solo se abren durante la consagración.

Por el costado derecho del altar (lado del evangelio) una lámpara votiva que se alimenta de aceite arde en honor a Cristo y señala su presencia. Cuando el sagrario está cerrado y las sagradas formas no están expuestas, debe realizarse una genuflexión simple al pasar frente a él. Cuando está expuesto, ambas rodillas se doblan y se hace una reverencia profunda. Por eso también se persigna el católico al pasar frente a una iglesia, para dar señal de reverencia a Cristo sacramentado.

El altar está como mínimo a tres gradas sobre el nivel de los fieles, simbolizando el Gólgota y a la vez la jerarquía del cuerpo místico cuya Cabeza es Cristo mismo. Al altar sigue el presbiterio, es decir, el lugar de los clérigos o de los consagrados al servicio del altar. Durante la liturgia, salvo el acolitado de los varones laicos, ningún otro seglar tiene función alguna.

De modo que los fieles no son los protagonistas puesto que no se trata de una conferencia, o reunión social, sino de un rito de adoración celebrado por el sacerdote, que es otro Cristo, pontífice entre Dios y los hombres. Pero en la “misa de los catecúmenos” o cuando el rito impone saludar, bendecir, absolver, o dirigirse a los asistentes por medio de una homilía, etc. el sacerdote mira al pueblo fiel. La liturgia es una escuela de cortesía, jamás se dirige el sacerdote a los fieles sin mirarlos.


8) Las mujeres se ven forzadas a usar un velo en señal de sumisión.


El uso del velo en el templo es mandato apostólico de San Pablo a la mujer. El apóstol de las gentes, que ha atestiguado muchas tradiciones litúrgicas, dice en su epístola primera a los Corintios, “Quiero que sepáis que Cristo es la cabeza del varón como el varón es la cabeza de la mujer y Dios lo es de Cristo. … Por lo tanto, debe la mujer traer sobre la cabeza la divisa de la sujeción a la potestad, por respeto a los santos ángeles”. (I Cor, 11, 4 y 10). Esta divisa es un velo, que en la tradición hispana ha dado lugar a la creación de magníficas mantillas, muy apreciadas por su belleza y arte. De hecho la tradición se mantiene en los trajes de bodas de las novias.


9) Solo se puede comulgar de rodillas y en la boca, no de pie ni en la mano.

Recordemos que en el Santísimo Sacramento está realmente presente el cuerpo, sangre, alma y divinidad de Nuestro Señor Jesucristo. Hay presencia real.

El modo de recibir la comunión es variable según los ritos. El romano tradicional lo ha establecido de rodillas, bajo la especie del pan (ácimo) en forma de delgada lámina para minimizar el riesgo de que las partículas caigan y a fin de que se facilite la manducación.

Por ese mismo motivo el sacerdote que ha consagrado mantiene los dedos índice y pulgar de la mano derecha juntos hasta la purificación posterior a la comunión de los fieles: para evitar que partículas de la forma consagrada caigan. Y por eso se coloca una patena o bandeja bajo el mentón del fiel al comulgar, a fin de recoger las partículas, en cada una de las cuales está entero el sacramento.

La comunión en la mano fue impuesta por la fuerza y luego indultada para Holanda por Paulo VI, donde se comenzó la práctica ilegal. Finalmente, de un modo irregular se impuso en muchos lugares donde no era ni requerida ni practicada. Hoy, curiosamente, en numerosas iglesias “prohiben” comulgar de rodillas y en la boca, cuando ésto es lo que manda y recomienda la Iglesia.


10) No se concelebra, desdeñando un signo de unidad y caridad entre el clero y los gestos de amor fraterno. Celebran misas privadas sin fieles.

En el rito tradicional no se concelebra salvo en las ordenaciones presbiteriales o en las consagraciones episcopales. Cuando dos o más sacerdotes concelebran, solo se celebra una misa. La concelebración reduce el número de misas, las que, sean ya privadas o públicas, siempre tienen un valor infinito. ¿Hay mayor caridad que ofrecer el Santo Sacrificio? ¿Para que pide el Señor obreros en su mies, sino principalmente para ofrecer el Santo Sacrificio?

El acólito representa al pueblo fiel. En la misa privada, el diálogo ocurre entre el sacerdote y el pueblo, significado por el acólico. Los fieles siempre están presentes de un modo espiritual.

Hay infinidad de signos rituales de caridad que se observan dentro de la sobriedad del rito. Por ejemplo, el saludo de paz, que viene de la tradición hebrea, se significa con una reverencia en que se juntan la cabezas de los clérigos mientras acercan sus manos a los hombros del saludado. El que comienza la ceremonia es el celebrante (no mero presidente) quien recibe la paz de Cristo mismo, a quien representa y en cuyo nombre la hace descender jerárquicamente a su diácono, subdiácono y clero y fieles.

Por el contrario, los usos del rito moderno nos privan de muchas gracias: las bendiciones que los sacerdotes reiteradamente dirigen al pueblo durante la ceremonia. El “asperges” de las misas solemnes, donde el celebrante asperja con agua bendita a los fieles y al clero. La doble absolución (no sacramental) del sacerdote a los fieles después del sendos actos de contrición. La solemne bendición final. Las oraciones indulgenciadas que siguen a la misa cuando estas son rezadas.

AD MAIOREN DEI GLORIAM!!! VIVA LA SAGRADA TRADICION QUE NUNCA SE FUE SINO QUE TRATARON DE ESCONDER! VIVA!!! VIVA!!!